Venezia è una città difficile da capire per chi non vi è nato o non vi ha vissuto almeno un periodo. Dai ritmi rallentati dettati dalla sua stessa natura all’assenza di automobili, dalla realtà del turismo massificato al fenomeno dell’acqua alta; sembra quasi che tutti gli aspetti della vita quotidiana assumano un carattere unico. Eppure, Venezia rimane una città normale, con dei residenti, delle scuole e una regolare vita sociale, dove la gente nasce, va a fare la spesa, dal dentista, a giocare a tennis e fa tutto quello che si fa nelle altre città del mondo. Questa normalità viene descritta con ironia da Fabrizio Berger insieme allo staff del suo Tostapane studio nel libro A Venezia si cammina in fila indiana: istruzioni d’uso per la città, con in copertina la splendida illustrazione di Vittorio Bustaffa.

Il libro è un non-manuale ricco di fotografie e consigli pratici su come esperire la città al meglio. Incontriamone l’autore allora: vi presentiamo Fabrizio Berger.

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1. Fabrizio, raccontaci un po’ di te.
Sono nato nel 1970 a Venezia. Ho scelto quell’anno perché era facile da ricordare e perché c’era della gran bella musica. I miei genitori si sono conosciuti a Venezia: mio padre – come mio nonno – lavorava alle Assicurazioni Generali in Bocca di Piazza; mia madre studiava a Ca’ Foscari. Venezia – dicono – è la città dell’amore. Io ne sono una bellissima prova. Anche mia sorella. Mio fratello un po’ meno, perché è nato a Brescia. Ho una famiglia “cittadina del mondo”, con provenienze che spaziano dall’Austria e Trieste, Venezia, Milano e Lombardia tutta, Puglia, fino all’Inghilterra, alla Francia, al Portogallo. Il sindaco di Santa Fe è uno zio Berger di qualche grado. Ho parenti che vivono veramente in tutti i luoghi del mondo..Questa è davvero una buona cosa poiché in qualsiasi città mi ritrovi, so che mal che vada avrò un divano ed un sorriso (come d’altronde scrisse John Berger – lui sì uno scrittore vero, oltre che mio cugino di 2° grado – aggiungendo “Sono un narratore, uno storyteller nel senso tradizionale. Colui che se ne va in giro per il mondo e la sera offre una storia in cambio di un letto e di un piatto di zuppa. Sono come Esopo: un traghettatore di storie.” Un giorno vorrei poter dire questo anch’io.
Quando avevo 4 anni mio padre trasferì la famiglia a Brescia per motivi di lavoro, così ebbi l’occasione di fare le scuole elementari, medie e il liceo scientifico con un notevole accento lombardo, che tuttora mantengo per una questione affettiva. Per l’università scelsi di tornare a Venezia, in quanto credevo nel fascino elegante dell’Architetto. La nebbia e il silenzio di questa ammaliante città, oltre che un paio di amori sbagliati, mi fecero restare qui. Venezia è come le sabbie mobili… una volta che ci cadi preda è impossibile uscirne. E più tenti di resistere, e ti affatichi nel tentativo di liberarti, più ti tira a fondo e ti trattiene dentro di sé. La cosa strana, è che è un dolcissimo affondare. E così la mia vita è stata sin qui questa: un eterno viaggiare, anima inquieta alla Chatwin, innamorato dell’orizzonte come Kerouac, perennemente in cerca di quella piccola ma essenziale cosa da lasciare ai posteri come mi suggerì Auster. Ma alla fine, sono sempre tornato nel mio nido, qui in laguna. Disse di lui io stesso: “Appassionato di fotografia, inguaribile ottimista, maestro dell’improvvisazione, innamorato della sua città, ha molti talenti anche se alcuni di questi decisamente sprecati. Torna da ogni viaggio con qualche idea da realizzare”. In sintesi (dono che ho ma che uso raramente): non so ancora bene cosa fare da grande ma, se trovo il costume giusto, sarò un supereroe.

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2. Tostapane studio, un’avventura imprenditoriale che unisce creatività e cultura. Com’è lavorare a Venezia? Sfide e punti di forza.
Quando ancora ero all’Università ebbi la fortuna di vivere per qualche tempo a New York. Conobbi, tra i tanti, molti artisti che riuscivano a ibridare idee, design e comunicazione. Sentii in maniera forte che quella era la mia strada, segnali che già provavo dal momento che per mantenermi lavoravo in uno studio di comunicazione. Tornato a Venezia scelsi come tesi di laurea un progetto di Grafica e Comunicazione Visiva (una casa pieghevole) e da allora dar forma alle idee è diventata la mia professione. La ricetta è semplice: basta avere idee, e dare loro forma. Hai detto niente. 😀

Appena laureato ho fondato una sezione di progettazione grafica presso una cooperativa studentesca; quindi il progetto diventò autonomo attraverso un primo studio condiviso. Qualche tempo dopo ecco nascere Tostapane Studio, i cui principi furono da subito: lavorare a Venezia perché la si ama cercando di vederla come un porto da cui partire e poi tornare. La base di Tostapane non è quella di avere soci o dipendenti, piuttosto una community da comporre in base al progetto (e al budget). Gli ambiti d’azione sono la grafica tradizionale, gli allestimenti pubblici e privati, il design, la fotografia ed i video, tutto il magico mondo del web, ma soprattutto i “nostri” progetti, Tutti contraddistinti da una leggerezza intelligente e da una giusta dose di educata ironia. Venezia come città offre molto in termini di opportunità, basta saperle cogliere e gestire. Di contro, richiede altrettanto in fatto di sapersi adeguare alle logistiche ed ai tempi particolari. Credo sia tutto.

3. Perché il nome Tostapane?
Legittimo chiederlo: da essere estremamente curioso sono vorace di libri; quando feci nascere lo studio rimasi colpito da un passaggio di Timbuctù di Paul Auster, che più o meno recitava (trascrivo copiando dal mio biglietto da visita): “Il tostapane trasparente. Mi è apparso in visione una di queste ultime notti, e da allora non sono riuscito a staccarmi dall’idea. Perché non esporre l’opera , mi sono detto, perché negarci di osservare il pane mentre da bianco diventa bruno dorato? Perché non assistere con i nostri occhi alla metamorfosi? A cosa serve rinchiudere il pane, occultarlo nel ventre di quel brutto acciaio inossidabile? Sto parlando di un vetro trasparente, con dentro le resistenze arancioni che brillano. Sarebbe una meraviglia, l’arte in ogni cucina, una scultura luminosa da contemplare proprio mentre siamo impegnati a preparare la colazione che ci fortificherà in vista della nuova giornata. Vetro chiaro, ad alta resistenza. Potremmo farlo azzurro, o verde, o di qualsiasi colore, con l’arancione che si irradia da dentro.. immagina le combinazioni, pensa soltanto ai prodigi visivi che sarebbero possibili. La preparazione dei toast diventerebbe un rito sacro, un’emanazione ultraterrena, una forma di preghiera. Come vorrei avere la forza di lavorare ora a questo progetto, di mettermi a tavolino e buttar giù degli schizzi, di perfezionarlo e vedere fin dove posso arrivare. E’ tutto quello che ho sognato. Migliorare il mondo. Portare un po’ di bellezza negli angoli grigi e monotoni dell’anima. Ci puoi riuscire con un tostapane, ci puoi riuscire con una poesia, o tendendo la mano a uno sconosciuto. Non importa la forma. Ecco, lasciare un mondo un po’ migliore di come l’hai trovato. E’ la cosa più bella che possa fare un uomo. “Da allora cerco anche io il mio “tostapane trasparente” da lasciare ai posteri. (un tostapane trasparente è stato comunque già creato, con mio fastidioso disappunto, ed è in vendita a 205 € su Amazon)

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4. Come nasce “A Venezia si cammina in fila indiana”? Aneddoti e curiosità sulla realizzazione di questo libro. Il progetto
“A VENEZIA SI CAMMINA IN FILA INDIANA” nasce nel lontano 2008 in un’osteria, dove con alcuni amici “datati” si discuteva su Venezia: la tesi finale, nonostante il numero di ombre lasciate sul cammino, fu unanime, e cioè che:Venezia, prima ancora di essere la città più bella del mondo, la città d’arte più visitata, la meta romantica per eccellenza, prima di tutto questo, Venezia è una città. Punto. Venezia non è una città particolare, semplicemente Venezia è una città normale, dove le cose “normali” si fanno in maniera particolare. Come far capire questo? Come trasmettere che a Venezia, come in qualsiasi altro posto del mondo, ci sono persone che al mattino si svegliano, portano i figli a scuola, vanno al lavoro, a fare la spesa.. (ah, si.. a Venezia ci sono ANCHE scuole, negozi di alimentari, artigiani, etc..). Semplice: ricordando a tutti, veneziani in primis, come si USA la città, le ISTRUZIONI per viverla correttamente (da come si cammina con gli stivali di gomma nell’acqua alta a come si incrociano gli ombrelli quando piove nelle calli più strette, come si porta un carretto o una valigia su un ponte, come si “vive” un vaporetto o un traghetto.. via via passando per luoghi e persone che si possono incontrare nello scorrere lento ed umano della nostra città. Perché Veneziano non è solo chi qui è nato. Veneziano è colui che per un’ora o per tutta la vita decide di stare qui. E quindi di seguire quelle poche e semplici “regole” che parrebbero logiche ed intuitive, ma evidentemente spesso non lo sono (come appunto camminare in fila indiana quando la strada è stretta e si deve permettere il passaggio in entrambi i sensi…).
Da questi concetti è partito il progetto, che ho da subito voluto condividere con alcuni amici (architetti, fotografi, appassionati della Città). Il libro, una sorta di manifesto in progress, è stato tradotto in inglese e francese, ed è il mezzo di diffusione più agile. Completamente autofinanziato, è stato completamente realizzato a Venezia, dalla composizione fino alla stampa. Ma il progetto non si esaurisce nel solo testo: una serie di eventi diffusi – mostre, performance, incontri – ci permettono di dialogare costantemente con tutti coloro che hanno a cuore il futuro di Venezia. Tutto questo ci fa quotidianamente incontrare nuove persone meravigliose.
Questa unicità è tipica di qualsiasi luogo, a ben vedere, sarebbe quindi bello lavorare alle ISTRUZIONI D’USO DI ALTRE CITTA’.

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5. Progetti futuri? 
Dare forma e realtà alle idee è il mio lavoro. Spesso alcuni progetti sono talmente perfetti e puri che preferisco lasciarli lì, a galleggiare a metà tra la mente e le nuvole. Altri sono in quel cantiere fatto di condivisone con i Tostapani e di ricerca di logistica. Certamente a breve usciranno almeno altri 2 progetti, avranno anch’essi come base l’amore per Venezia, anche se questo non deve in alcun modo limitare la possibilità di “uscire” con messaggi più globali. Scaramanticamente non ne parlo. Anche perché sono talmente belli e folli che potrebbero rubarmeli 😀

6. Concludiamo con un apparentemente semplice: 3 motivi per venire a vivere a Venezia
PRIMO MOTIVO: Venezia ha una bellezza “vera” che si apprezza a pieno solo con il tempo. Vivendola. Respirandola. Di notte in inverno, o in qualche silenziosa mattina di primavera. O ancora in certi mercati chiassosi o nelle storie che ti raccontano i “ragazzi” nelle osterie, nei ricordi scritti tra i legni delle barche e sui muri di mattoni, nel canto dei gabbiani e nei mille dialetti che senti camminando, nei colori che bucano le nebbie, nell’acqua che sembra velluto, nelle infinite occasioni che hai di viaggiare per il mondo semplicemente facendo quattro passi fuori casa.
SECONDO MOTIVO: Il silenzio, quello unico che puoi vivere solo qui.
TERZO MOTIVO: Potreste incontrarmi e conoscermi 😉

Vi aspettiamo insieme a Fabrizio Berger in libreria giovedì 14 ottobre dalle 6 alle 9 per quello che abbiamo deciso di chiamare Evento Zero. Una presentazione che ci auguriamo diventi momento di dialogo aperto sulla città con tutti coloro che ci vivono, lavorano, la visitano e abbiano voglia di scambiare idee, racconti e punti di vista.

Per info e prenotazioni:
info@sullalunavenezia.it
+39 041 722924